Questa è la storia dell’unico dirottamento aereo mai risolto avvenuto in America. Un assoluto mistero rimasto tale che probabilmente, proprio per aver fatto fare la figura dei fagiani all’FBI e alle autorità tutte, non è mai stato portato efficacemente al cinema che, in qualche modo, deve sempre convincerci che il sistema è buono e infallibile.
Nel 1971, in America per compiere un breve volo interno della durata di mezz’ora, era sufficiente dare le proprie generalità senza bisogno di esibire un documento; un po’ come prendere un autobus.
Forse presentarsi come Daitarn 3 o Mandrake avrebbe sollevato qualche sospetto, ma provando con Clark Kent (Alias Superman) o Bruce Wayne (Alias Batman), ci sarebbe stata una buona dose di probabilità di passare inosservati.
Ma per non correre rischi, quel pomeriggio del 24 Novembre 1971, al banco della Nothwest Orient Airlines, all’aereoporto internazionale di Portland nell’Oregon, un uomo distinto si presentò con il nome di Dan Cooper; un pilota ed esperto paracadutista, eroe di una seria a fumetti pubblicata in Canada che, per l’inserviente alla reception, era noto quanto l’indigeno “Orecchie al vento” della tribù dei “Caucciù” sperduta nella macchia Peruviana.
L’uomo si portava appresso una valigetta nera e acquistò un biglietto di sola andata per il volo 305 diretto a Seattle (stato di Washington); un breve trasferimento della durata di circa 30 minuti. Si imbarcò quindi nell’aereo, un Boeing 727-100, uno degli ultimi aviogetti civili ad avere un portello di imbarco situato sotto alla coda dell’aereo (vedi foto). Si accomodò al posto 18C situato nella parte posteriore dell’aereo, si accese una sigaretta e ordinò del Bourbon.
Per tutti i testimoni interrogati, Dan Cooper era un uomo distinto, alto 1,80, indossava un leggero impermeabile nero e vestiva pantaloni e giacca scura, con una camicia bianca ben stirata e una cravatta nera con un fermacravatta di madreperla. Curioso che vista l’epoca e la descrizione, a nessuno venne in mente l’immagine dell’agente segreto 007, alias James Bond con tanto di valigetta segreta divenuta famosa grazia al film: “Dalla Russia con Amore”.
Il volo decollò alle 14:50 e poco dopo, Il misterioso personaggio fece un cenno all’assistente di volo: Florence Schaffner che si avvicinò con un sorriso seducente. Cooper le passò un biglietto e la Schaffner, il cui ego femminile le faceva ripetere tre volte al giorno: “Specchio specchio delle mie brame chi è la più gnocca del reame”, si convinse che fosse un uomo d’affari folgorato dalla sua conturbante bellezza e le avesse passato il suo numero di telefono. Lo ripose quindi in un taschino ma Cooper, avvicinandosi a lei, con modi cortesi e tranquilli le disse: “Signorina, il mondo è pieno di gnocche, farebbe meglio a dare un’occhiata a quel biglietto. Ho una bomba”.
La Schaffner, un po’ seccata dalla sua invisibiltà, controllò il biglietto su cui era scritto: “Ho una bomba nella mia valigetta. La userò, se necessario. Voglio che si sieda accanto a me. State per essere dirottati”. La donna ubbidì sedendosi accanto all’uomo e riconsegnò il biglietto scritto in stampatello su sua richiesta, ma dato che situazioni come quella si verificavano soltanto nei fumetti (nemmeno lei aveva mai letto Dan Cooper), chiese di vedere la bomba.
L’uomo aprì la valigetta quel tanto che bastava per permettere alla donna di intravvedere otto cilindri rossi collegati con dei cavi elettrici a una batteria; a questo punto, sempre con voce pacata e cordiale, dettò le sue condizioni: “duecentomila dollari in valuta americana negoziabile, quattro paracadute (due primari e due di riserva) e un’autobotte pronta a Seattle per il rifornimento dell’aereo all’arrivo”. L’assistente si recò quindi in cabina di pilotaggio informando i piloti e quando tornò si rese conto che l’uomo misterioso aveva cambiato posto e si era posizionato vicino a un finestrino indossando un paio di occhiali da sole. Nel frattempo il comandante William Scott aveva già informato il controllo aereo di Seatlle che a sua volta aveva messo in allarme le autorità locali e l’FBI. I federali, com’è noto hanno la fama di essere i più rognosi di tutti, quelli che non ti lasciano mai scampo.
Donald Nyrop, il presidente della Northwest Orient autorizzò il pagamento del riscatto preoccupato per le ripercussioni che poteva avere quella storia sulla sua compagnia e mentre l’aereo si mise a volare in circolo per circa due ore, il comandante avvisò i 36 passeggeri a bordo che a causa di un problema meccanico minore, ci sarebbe stato un ritardo nell’atterraggio mentre le autorità si adoperavano per mettere assieme il riscatto (200.000 dollari dell’epoca avevano un valore di circa un milione e mezzo di oggi) e i paracadute.
La Schaffner disse che l’uomo conosceva e riconosceva le località guardandole dall’alto; identificò Tacoma e la base militare di Mchord. La donna asserì che non rispondeva a nessuno degli stereotipi del dirottatore; non si era mai mostrato nervoso, teso o aggressivo. Appariva assolutamente tranquillo e padrone della situazione, i suoi modi erano sempre cordiali e garbati, il suo atteggiamento distinto e mai crudele. Forse la Schaffner si sentiva davvero trasportata in un set di 007. Ordinò un secondo bourbon, pagando regolarmente e insistendo per lasciare il resto come mancia, e si offrì per richiedere il pasto per tutto l’equipaggio durante la sosta a Seattle.
L’FBI mise assieme diecimila banconote da venti dollari non segnate ma che per la maggior parte avevano numeri di serie che iniziavano con la lettera di emissione “L”, che indicava la provenienza dalla Federal Reserve Bank di San Francisco, ed appartenevano alla “serie 1969-C”; venne anche fatto un microfilm di ciascuna di esse; erano certi che quel tizio sarebbe caduto presto nelle loro mani e si sarebbe pentito amaramente di aver rubato alle misericordiose banche americane.
A Dan Cooper furono proposti dei paracadute militari ad apertura vincolata offerti dalle autorità che però rifiutò, chiedendo invece dei paracadute civili con sistema di apertura manuale, che la polizia di Seattle ottenne da una scuola di paracadutismo locale. Alle 17:24 Cooper venne informato che le sue richieste erano state soddisfatte e alle 17:39 l’aereo atterrò a Seattle-Tacoma. Il dirottatore ordinò al comandante Scott di far rullare l’aereo in una pista isolata e di spegnere le luci in cabina per scoraggiare i cecchini della polizia. Al Lee, Operations Manager della Northwest Orient di Seattle, si avvicinò al velivolo in abiti civili, per evitare la possibilità che Cooper potesse scambiare la sua uniforme della compagnia aerea per quella di un agente di polizia, e consegnò all’assistente di volo Mucklow uno zaino con il denaro e i paracadute attraverso la scaletta di poppa. Una volta ottenuti i soldi ed i paracadute, Cooper consentì a tutti i 36 passeggeri, alla Schaffner e all’assistente di volo senior Alice Hancock di lasciare tranquillamente l’aereo.
Mentre attendeva il rifornimento Cooper illustrò il suo piano di volo all’equipaggio dimostrando una notevole conoscenza degli aereomobili e delle pratiche di volo; chiese ai piloti di seguire una rotta da sud-est verso Città del Messico alla minima velocità tale da evitare di fare andare in stallo l’aereo che equivaleva a circa 157 nodi, ossia 290 km/h (ogni aereoplano ha una sua velocità minima di sostentamento) e a un massimo di 10.000 piedi (3.000 metri) di altitudine. Per garantire una velocità minima, specificò che il carrello avrebbe dovuto rimanere esteso e gli ipersostentatori alari abbassati di quindici gradi. Per consentire il volo a quella quota, considerata bassa per un Jet passeggeri, ordinò che la cabina rimanesse depressurizzata. Il copilota William Rataczak informò Cooper che con quella configurazione di volo l’autonomia del velivolo sarebbe stata di circa 1.600 chilometri, il che significava che avrebbero dovuto rifornire ancora prima di entrare in Messico: Cooper e l’equipaggio discussero le opzioni e concordarono di eseguire il rifornimento a Reno. Cooper chiese infine che l’aereo decollasse con la porta d’uscita posteriore aperta e la scaletta estesa, ma la Northwest si oppose, ritenendo che fosse pericoloso; Cooper replicò che invece non esisteva pericolo e l’aereo avrebbe potuto decollare in sicurezza, ma non volle discutere la questione e accettò il decollo con il portellone posteriore chiuso.
Alle 19:40 il Boeing decollò con a bordo solo Cooper, i due piloti Scott e Rataczak, l’ingegnere di volo Anderson e l’assistente di volo Mucklow. All’insaputa di tutti, due caccia F-106, decollati dalla vicina base di McChord, si avvicinarono all’aereo ed iniziarono a seguirlo posizionandosi sopra e sotto il velivolo, fuori dalla vista di Cooper. Dopo il decollo Cooper disse a Mucklow di unirsi al resto dell’equipaggio nella cabina e di rimanere lì con la porta chiusa.
Dopo pochi minuti, alle 20:00 in cabina di pilotaggio si accese la spia luminosa che indicava che l’apparato della scaletta di coda era stato attivato. Il comandante attivò l’interfono offrendo assistenza a Cooper ma questi rispose che andava tutto bene e di non muoversi dalla cabina.
Un cambiamento di pressione dell’aria, indicò all’equipaggio che il portello posteriore era stato aperto. Alle 20:13 la sezione di coda del velivolo subì un movimento improvviso verso l’alto, abbastanza significativo da richiedere un intervento sui comandi per riportare il 727 in volo livellato. Per circa due ore non si seppe più nulla di ciò che accadde a bordo; i piloti restarono chiusi in casbina e alle 22:15, il Boeing atterrò all’aeroporto di Reno con la scaletta di poppa ancora abbassata. Agenti dell’FBI, membri della polizia di Stato e personale dello sceriffo circondarono il velivolo per determinare se Cooper fosse ancora a bordo, ma un’accurata ricerca confermò che l’uomo aveva abbandonato il velivolo. Le sue tracce rimaste a bordo furono la sua cravatta, il suo fermacravatta, otto mozziconi di sigaretta, due dei quattro paracadute richiesti e delle impronte digitali mai ricollegate a qualcuno.
L’FBI era furibonda per essere stata fregata; avevano fatto la figura dei babbei. Tutti ritenevano impossibile un lancio con il paracadute in quelle condizioni; al buio, sotto a una pioggia battente e con venti in quota molto forti. Nemmeno un paracadutista esperto aveva grosse possibilità, specialmente vestito a quel modo, senza calzature adeguate, lanciandosi sopra una zona boscosa. Per molti inquirenti il misterioso Dan Cooper poteva benissimo essere morto dopo il lancio.
Iniziarono ricerche massicce e capillari; venne setacciata non solo la zona del presunto atterraggio ma anche tutta la vastissima area circostante ma Dan Cooper si era volatilizzato con i 200,000 dollari. Negli anni l’FBI identificò quasi 1000 sospettati; indagati e poi abbandonati progressivamente. Il rodimento di sedere doveva essere alle stelle, nel frattempo si moltiplicavano anche i mitomani che asserivano di essere Dan Cooper; più tempo passava e più questa storia assumeva i caratteri del mito e della leggenda. Nel 1980, nove anni dopo i fatti, un bambino di otto anni ritrovò sulle sponde del fiume Columbia circa 5.800 dollari in tre pacchetti di banconote da venti (uno con novanta banconote e gli altri due con cento banconote), notevolmente deteriorate. I tecnici dell’FBI confermarono che il denaro era effettivamente una parte del riscatto e che le banconote erano tutte disposte nello stesso ordine di quando furono consegnate a Cooper. Venne setacciata nuovamente tutta la zona alla ricerca delle altre banconote o del corpo dell’uomo misterioso ma inutilmente.
Quelli dell’FBI sono dei segugi e non mollano; sopratutto non possono proprio digerire che qualcuno la faccia franca sotto al loro naso; ma alla fine, dovettero alzare bandiera bianca. 45 anni dopo, Il 12 luglio del 2016 l’ente investigativo della polizia federale americana disse che dopo aver interrogato centinaia di persone, individuato oltre 800 sospetti, seguito ogni tipo d’indizio in giro per tutti gli Stati Uniti e aver speso una montagna di soldi dei contribuenti, chiudeva il caso. Dan Cooper resterà per sempre un mito e l’eroe gentiluomo che riuscì a fregare il sistema.
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