Lo ripeto: Venezia soffre soprattutto delle conseguenze di una cultura che tende ad estrapolarla. a farne qualcosa che non appartiene più alla vita, ma soltanto ai sogni dei poeti (dei cattivi poeti,tuttavia, giacché i poeti veri hanno, e come, il senso del rapporto tra l ‘arte e la vita).
(Giorgio Bassani)
Il mostro prese vita sui colli euganei alle 20:45 dell’11 Settembre 1970, seminando morte e distruzione per 77 minuti1 prima di tornare nel nulla dal quale era venuto. A causa di un’inquietante strategia del caso, che ha giocato con i numeri un’oscura partita a dadi, l’11 Settembre di 31 anni dopo a New York, alle 8:45 un altro tipo di mostro, non meno spietato, si manifesterà nel momento in cui il volo American 11 colpirà la torre Nord del World Trade Center dando inizio a uno dei periodi più neri della storia umana. Un demonio che si ritirerà soltanto 77 minuti dopo2, con la scomparsa del volo UA93.
Lido di Venezia: 11 Settembre 1970, ore 21:00 Circa:
Rosina e Renato, due giovani freschi di matrimonio abituati a lavorare duramente, vivono altri tempi anche se l’amore è una costante che il “Cronos” non riesce ad intaccare. Per quella serata di fine estate hanno deciso che era il caso di concedersi qualche ora assieme; il loro bambino è accudito dalla nonna materna mentre pas-seggiano lungo la riviera San Nicolò in direzione del piazzale Santa Maria Elisabetta, il punto più largo dell’isola dove trovano posto gli approdi per i battelli che collegano il Lido alla città lagunare. Tenendosi per mano accarezzano l’idea di godersi un film al cinema e prima di imbarcarsi per Venezia, avranno l’opportunità di dare un’occhiata ai numerosi cartelloni presenti nella zona centrale di quella lingua di terra. Una stecca che si erge come barriera naturale separando la Serenissima dal mare Adriatico.
E’ una serata particolare, la laguna è piatta come un ferro da stiro, l’aria è immobile e pesante; il servizio meteo aveva previsto burrasca e il cielo è coperto ma l’oscurità nasconde allo sguardo uno spesso manto nuvoloso che sembra in attesa di qualcosa. I consueti segnali dell’imminente scatenarsi di un temporale, che ogni nativo ha imparato a riconoscere, sono del tutto assenti.
Gli anni 70 portano con se un cinema più ruvido e violento che incarna il profondo disagio di quei tempi. molto lontano dalle atmosfere patinate delle avventurose commedie e musical hollywoodiani che avevano accompagnato l’infanzia della coppia; i manifesti in bella mostra non ispirano abbastanza da giustificare il prezzo di una visione e poi c’è qualcosa che entrambi sentono a fior di pelle. Non ha un nome ma è una sensazione crescente, come se un campanello d’allarme stesse suonando da qualche parte in lontananza.
Renato è il primo a manifestare il suo disagio:
“Senti, non c’è un solo film interessante, perché non rimaniamo qui? Passeggiamo per il Gran Viale e ci prendiamo un gelato dall’amico Tita. Poi con calma andiamo a prendere il piccolo da tua madre e ce ne torniamo a casa.”
Anche Rosina sente che è la cosa giusta da fare, aveva taciuto fino a quel momento per non rovinare uno dei rari momenti di svago in compagnia dell`uomo che tanto ama:
“è meglio” risponde quasi sollevata.
Il Gran Viale e un ampio viale alberato che attraversa l’isola nel suo punto più largo, circa 800 metri, portando direttamente alla spiaggia. I grandi alberi sono l’unica cosa rimasta dello sfarzoso corridoio fiorito che accoglieva i turisti nell’epoca della dolce vita, quando il Lido era considerato un giardino Europeo delle meravi-glie per turisti e abitanti in prevalenza ricchi.
La passeggiata non è piacevole quanto dovrebbe e dopo un pò Rosina non ce la fa più a contenere l’inquietudine che gli sta montando nello stomaco:
“Ma lo senti anche tu?” Chiede, rivolgendosi al compagno che nel frattempo e assorto nei suoi pensieri cercando di capire cos’è quella sensazione che gli attanaglia le viscere mettendola a disagio.
“Cosa?”
“Il silenzio… C’è troppo silenzio”
“E’ vero” pensa Renato. c’è un silenzio innaturale, assoluto. Tutto è immobile e il consueto repertorio di suoni che la natura e la civiltà mette normalmente a disposizione, è del tutto assente. Il flusso dei suoi pensieri viene velocemente interrotto da una serie di bagliori improvvisi e violenti che iniziano a squarciare il cielo rivelando la massa scura che lo copre; sono fulmini silenziosi, non è possibile ascoltare un singolo tuono, nemmeno con un ragionevole ritardo. I due si guardano attorno: non c’è un solo alito di vento. In una situazione normale le foglie di tutti quei platani, sollecitate dalle masse d’aria in movimento, metterebbero in scena un concerto frusciante per annunciare l’imminente scatenarsi degli elementi ma tutto è stranamente fermo, statico come un quadro.
Una vita trascorsa nell’antica Repubblica Marinara non li ha preparati a una situazione simile, quel giorno la natura sta utilizzando un codice che nemmeno i marinai sanno decifrare.
“Ho paura”
“Si, è tutto molto strano, forse è meglio se torniamo a casa”
Il dubbio si trasforma in certezza quando la potente illuminazione del Gran Viale viene improvvisamente a mancare; l’isola intera piomba nel buio che il bagliore stroboscopico delle saette interrompe per brevi attimi dipingendo un quadro apocalittico. La coppia inizia a correre immersa nella surreale assenza di suoni, aggrappandosi al rumore provocato dal respiro affannoso e dall’impatto delle scarpe al suolo. In pochi minuti, dilatati quanto l’eternità, raggiungono la casa
della nonna distante pochi metri dalla loro abitazione. Il campanello non funziona e Renato scavalca il cancello, attraversa il giardino e bussa alla porta con la consapevolezza di un disastro imminente. Si carica sulle braccia il figlio addormentato, raccomanda alla suocera di chiudere tutte le finestre, attraversa la strada e si ritrova con la moglie finalmente al sicuro tra le quattro pareti domestiche.
Rosina si precipita in bagno dove ci sono ancora le finestre aperte; afferra con entrambe le mani le due pesanti imposte di legno, figlie di tempi ormai andati, e nel momento in cui sta per chiuderle, dalle profondità del buio, all’esterno della casa, arriva un urlo terrificante che sembra uscito direttamente dagli inferi. Non è qualcosa di umano, si tratta di un suono assordante che interrompe brutalmente la staticità di quel momento. E’ come se il mondo decidesse all`improvviso di ripartire dal fermo immagine che lo aveva mantenuto in pausa; la donna è terrorizzata, un risucchio d’aria arrivato da chissà dove afferra le imposte tirandole verso l’esterno. Con uno sforzo dettato dalla disperazione, facendo appello a energie sconosciute, riesce a vincere quel furioso tiro alla fune
chiudendo finalmente le finestre.
Quindici minuti dopo i due si trovano seduti in soggiorno guardandosi l’un l’altro allibiti e annichiliti senza capire cosa sta succedendo, la luce è tornata e poco dopo squilla il telefono; l’ospedale nel quale lavora Renato come autista dell’ambulanza è in emergenza, stanno richiamando tutti i piloti disponibili, tornerà a casa soltanto il mattino seguente, completamente stravolto.
Padova: ore 20:50. Circa:
Dean Gill ha 5 anni, viene dalla svizzera e si trova in vacanza dai nonni materni”3 il cielo coperto pareva annunciare una tempesta fin dal pomeriggio ma tutto è calmo e immobile. ln lontananza si sente un fischio prolungato che accende la curiosità del bambino. La nonna è inizialmente convinta che provenga dal treno che porta ad Abano Terme ma ben presto inizia a dubitare dei suoi stessi pensieri; un suono cosi in effetti non lo ha mai sentito. Dean ascolta quel sibilo che si avvicina trasformandosi via via in una specie di ululato, dal balcone di casa osserva i fulmini che squarciano il buio ma a parte quel suono, la calma regna sovrana. Mentre l’anziana donna e il bambino sono in ascolto cercando di capire la natura di quel fischio, vengono richiamati in cucina dal nonno e poco dopo le persiane vengono abbassate tagliando fuori il mondo esterno ma non quel rumore che
ancora oggi l’adulto Dean Gill fatica a descrivere: “Un ululato a volte più grave e a volte più acuto con cambi di tonalità molto rapidi, il tutto poi coperto da una specie di ruggito da far rizzare i capelli in testa”.
Il rumore diventa presto assordante, la sorellina nella camera da letto inizia a piangere, le luci si spengono improvvisamente. Gill non ricorda altro, ma ha bene impressa nella mente la devastazione che il giorno dopo può osservare a soli 200 metri dalla casa dei nonni.
Piazzale Roma: ore 21:15 Circa:
Gabriella, la sorella di Rosina, sta rientrando dalla terraferma, giunta agli imbarcaderi di Piazzale Roma perde per un soffio il battello N. 130 che doveva portarla al Lido. Visibilmente indispettita per il prolungarsi di un viaggio già abbastanza lungo e noioso si rassegna ad aspettare la prossima corsa accendendosi una sigaretta; ancora non può immaginare la fortuna che il destino, con la sua interminabile partita, gli ha riservato.
Colli Euganei: ore 20:45 circa:
La creatura prende vita sui colli Euganei, fra Teolo e Revolon, a pochi passi dal monte Venda che nasconde al suo interno una base Top Secret della Nato”4. la 1° ROC (Regional Operation Center) che verrà scoperta diventando tristemente famosa negli anni a venire e dopo la stia chiusura nel 1998, a causa delle numerosi morti degli ufficiali che ci lavoravano respirando dosi letali di amianto e gas radon” 5. Ma in quegli anni è un centro vitale dell’Allied Tactical Air Force in grado di
controllare le comunicazioni con i sommergibili e gli spazi aerei dell’intera Europa. Tutta la zona in realtà, è un concentrato di attività militari con le vicine basi Nato dell’ aereonautica di Aviano e quella americana dei Berici. In mezzo a questo triangolo di segretezza, fonte di importanti attività geomagnetiche e probabilmente elettromagnetiche, in cui gli avvistamenti di misteriose luci nel
cielo”6sono all’ordine del giorno, prende forma all’improvviso un tornado classificato: F4 secondo la scala Fujita”7 (Danni devastanti. Distruzione totale di case in mattoni; strutture con deboli fondazioni scagliate a grande distanza; sollevamento totale di auto ad alta velocità. Ndr). Si tratta di un fenomeno eccezionale per l’ltalia e assolutamente imprevisto dai dati meteo di quel giorno che potevano lasciar presagire la formazione di una “Tromba D’aria” ma non certo un evento la cui rarità è classificata nell’ordine dell’1,1%. L’Italia per le sue valli, montagne e coste frastagliate, non è nemmeno contemplata nelle zone climatiche a rischio Tornado’8 ( tanto che molti abitanti continueranno a parlare per lungo tempo di Tromba D’aria. Nel giro di mezz’ora, il turbine investe Padova, Albignasego, Ponte Nicolò, Abano e Selvazzano, provocando danni per 2,5 Miliardi di lire di allora e un morto.
Alle 21:15 il vortice arriva in Provincia di Venezia entrando dalla zona di Vigonovo e colpendo l’ombelle, Calta e Fossò: 10 case sono distrutte, 30 scoperchiate e cinque persone vengono ferite.
Ore 21:20: Il tornado arriva a Camponogara, rende inabitabili 25 case, ne scoperchia 120 e provoca quattro feriti.
Ore 21:25: Dogaletto e Giare di Mira vengono investite dal tifone, il bilancio è di 25 abitazioni inagibili, 90 danneggiate, nove feriti.
Ore 21:27: ll tornado piomba nel camping di fusina radendolo al suolo; 7 Bungalow e 30 tende sono distrutte, 2000 gli alberi abbattuti, 7 tralicci tranciati, lascerà dietro di se 1 morto e 14 feriti.
Ore 21:32: Il mostro entra nella laguna di Venezia, passa dietro all’isola della Giudecca e si abbatte sulla vicina isola delle Grazie, sede dell’ospedale per le malattie infettive; cedono le facciate di alcuni edifici e l’intera balaustra che da sulla laguna viene disintegrata. Alcuni testimoni che si trovavano sulla fondamenta delle zattere, raccontano di aver visto chiaramente passare il turbine dietro all’isola della giudecca perché nonostante il buio pesto, il tornado era percorso continuamente da fulmini e lampi molto vividi che lo illuminavano. ll tutto era accompagnato da un rombo continuo e ininterrotto, pareva una rappresentazione dell’Armageddon.
Ore 21:35: Il tornado vira superando la Giudecca, che non viene toccata; invade il bacino San Marco dove sta transitando la motonave Aquileia che viene sfiorata da una colonna di rabbia larga più di cento metri”9. Le 400 tonnellate di stazza dell’imbarcazione si mettono a tremare come se si trovassero nell’epicentro di un terremoto; lo scafo viene spostato violentemente in molteplici direzioni e tutte le sovrastrutture vengono divelte e contorte, una turista viene ferita gravemente e il
panico si diffonde tra i passeggeri.
Uno di loro racconterà:
“Siamo stati investiti dalla bufera poco prima del Collegio Navale all’altezza dei Giardini. Una forte depressione ci ha fatto mancare il fiato, il capitano della motonave ha lanciato tre segnali di pericolo con la sirena e tutto d ‘un tratto è partita la coperta di plastica che è sotto la plancia. Tutte le porte e i vetri delle cabine di poppa e di prua sono andate in frantumi.”
Ore 21:36: Giunto in prossimità di Sant’Elena, il tornado investe in pieno il battello N.130 del servizio pubblico ACNIL. quello perso per un soffio dalla sorella di Rosina; un’imbarcazione di 22 metri per il peso di 22 tonnellate con la capienza di 150 passeggeri e circa 58 persone a bordo; il capitano ha appena il tempo di avvertire una furiosa folata di vento che manda in frantumi i vetri della cabina; tenta di avvicinarsi all’approdo dell’isola ma vede il motoscafo sollevarsi e poi
capovolgersi prima di ritrovarsi catapultato in acqua; un passeggero seduto nella cabina di prora sente un urlo spaventoso un attimo prima di vedere un’onda enorme sollevare e rovesciare il battello. Una donna nella cabina di poppa sente il battello rollare violentemente, viene poi scaraventata sul tetto quando le luci si spengono e alcuni vetri si infrangono lasciando che l’acqua si riversi all’interno. Nel buio più assoluto viene trascinata dalla corrente identificando al tatto un
finestrino aperto dal quale riesce a uscire raggiungendo la superfice dove l’attende un maelstrom di urla e corpi” 10.
Vari testimoni dichiareranno di aver visto la pesante imbarcazione sollevata con la prua verso il cielo e poi lasciata ricadere in mare. Si conteranno 21 morti rimasti intrappolati nell`imbarcazione. ll passaggio del motoscafo successivo porta a bordo Gabriella, che assiste a una scena agghiacciante: le fotoelettriche illuminano i soccorsi che procedono al recupero di alcune salme, ancora non sa che adagiato sul fondo della laguna, a tre metri di profondità, c’è il battello contro il
quale ha inveito per non esserci salita.
Ore 21:37: Il tornado si abbatte sull’isola di Sant’Elena; i numerosi pioppi dell’ampia pineta vengono sradicati, molti tranciati alla medesima altezza come per il passaggio di una lama enorme. Un uomo che era uscito da poco per prendere una boccata d’aria muore perché investito da uno degli alberi, le mura dello stadio Luigi Penzo e del Collegio Navale Morosini cedono, i piani superiori di molte abitazioni sembrano scoppiati; lo spettacolo che si presenterà il giorno dopo è
allucinante: sembra che l’intero quartiere sia stato sottoposto a un bombardamento e parecchie mura sono letteralmente scomparse, non si troveranno nemmeno le macerie.
Ore 21:40: Il vortice arriva al Lido tagliando in due la zona di San Nicolò e provocando altri danni in una zona fortunatamente poco popolata. Passa vicino all’abitazione di Rosina e Renato e raggiunge l’aereoporto Nicelli dove un aereo viene sollevato e capovolto mentre un altro sarà ritrovato a un centinaio di metri da dove era stato lasciato dai proprietari.
Ore 21:41: Circa. ll tornado attraversa l’imboccatura del porto piombando su Punta Sabbioni e devastando 50 case. Un minuto più tardi alle 21:42, il Camping Ca’ Savio, dove si trovavano circa 300 persone, viene completamente annientato; si conteranno 80 tende distrutte, 57 bungalow rasi al suolo, 40 automobili fuori uso 12 morti e 141 feriti.
ll turbine prosegue poi per il litorale del Cavallino e finalmente sazio, il mostro andrà infine a sfogare il resto della sua furia nel mare davanti a Jesolo. La durata dell’evento è stata stimata in 77 minuti, il Tornado ha percorso una distanza pari a 70 Km con una velocità media di traslazione di 54 Km/h”11 provocando 36 vittime, circa 500 feriti e danni per 5 miliardi di lire dell’epoca.
Renato non sa che dire; ha lavorato fino al mattino seguente trasportando morti e feriti, il suo lavoro richiede soltanto di fare presto, e lui ci ha provato con la disperazione nel cuore di un carattere troppo emotivo. Ha fatto più in fretta che ha potuto per tutta la notte, anche quando non c’era più nulla da fare. Scendeva dall’ambulanza, aiutava i barellieri, cercava di rendersi utile quando poche ore prima desiderava soltanto portare sua moglie al cinema.
Le piccole storie di uomini e donne che Venezia conserva nelle sue memorie ricoperte dalla sabbia del tempo, non sono entrate nelle cronache, e sopravvivono nella tradizione orale mentre la città, registra sulle antiche pietre, i pensieri e le emozioni degli invisibili, in attesa che qualcuno riesca a sintonizzarsi per ascoltarle ancora una volta.