Emotion In Motion

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“Sound Of Freedom”

“Tra ipocrisie, censure, faccia tosta e stupidità”

Ho appena visto il tanto chiaccherato “Sound Of Freedom” il film indipendente tra i cui molteplici produttori figura anche Mel Gibson, interpretato da Jim Caviezel e centrato sul traffico di minori e bambini utilizzati come schiavi sessuali.
Prima di parlare di questo film però, devo dire che sono rimasto piuttosto colpito dalla rabbia, sfociata in autentica idiozia da parte della critica e dei giornali, che si è abbattuta su una pellicola tutto sommato indipendente a basso budget che non ha goduto di una grossa distribuzione e che non è manco finita nei maggiori canali di streaming come Netflix, Amazon Prime e Disney Channel.


Dico che mi ha colpito perché nel caso dello scandalo per il film “Mignonnes” (Cuties 2020) che è partito dall’indignazione del pubblico per una pellicola che ammicca alla pedofilia esibendo in modo estremamente ambiguo la sessualità di ragazzine undicenni e che a fronte di un movimento spontaneo ha fatto perdere migliaia di abbonamenti a Netflix. Si è verificata una levata di scudi da parte della stampa e della critica per difendere questo prodotto e tesserne le lodi di critica sociale (ne parlo ampiamente nel mio libro Sub Limen 2 il lato oscuro di Hollywood).

https://www.amazon.it/SUB-LIMEN-OSCURO-HOLLYWOOD-Conquista/dp/B0CH2B1KZH/


Per Sound Of Freedom invece, una pellicola che denuncia apertamente il traffico e lo sfruttamento sessuale di minori, è accaduto esattamente il contrario: il pubblico lo ha sostenuto al punto da trasformarlo nel maggiore successo del 2023 in grado di scavalcare al botteghino blockbuster ad ampissima distribuzione e diffusione come Mission Impossible e Indiana Jones; mentre la critica e i giornalisti si sono premurati di distruggere la pellicola prendendosela non soltanto con il film,
l’attore e il regista, ma pure con il pubblico che è andato a vederlo. Onestamente non avevo mai assistito a un tale attacco in cui si prende di mezzo pure lo spettatore.


Ecco un esempio tutto Italiano, Matteo Regoli , critico cinematografico (si definisce così), esordisce in questo modo:


“…Qualche giorno fa vi parlavamo del clamoroso successo ottenuto da Sound of Freedom, film con protagonista il controverso attore Jim Caviezel e rivolto in larga parte ad un pubblico di cospirazionisti di estrema destra che sta facendo registrare incassi epocali al box office USA…”1


Ma anche in America il tono è lo stesso, il guardian ad esempio, in alcune recensioni, ne parla così:

“…Sostenuto dai cospirazionisti di QAnon, questo thriller ben intenzionato sul traffico sessuale di minori è volgare e pieno di pantomime criminali…” 2


“…Jim Caviezel interpreta il vero attivista Tim Ballard in un film noioso che è diventato un successo al botteghino americano…” 3


In una critica si arriva addirittura a negare che esista il problema del traffico di minori:


“…Si dice che la rappresentazione complessiva delle operazioni globali di schiavi sessuali infantili non sia realistica. Il film fa sembrare che siano comuni operazioni di rapimento di grandi dimensioni che forniscono bambini da utilizzare per la pornografia e gli schiavi del sesso. La verità è che di tutti i bambini rapiti nel mondo, quelli rapiti da sconosciuti sono meno dell’1% …

…Sfortunatamente questa storia gioca anche con alcune popolari storie di cospirazione di Qanon…”4


La critica prosegue poi in una critica politica a Trump e alla storia del pizzagate che con il film non ha alcuna attinenza.
Se poi diamo un’occhiata alle critiche ufficiali apparse su Rotten Tomatoes, troviamo sempre commenti simili:


“..È una storia bella e avvincente, ma è vero? Dopo un lungo controllo dei fatti, ho scoperto che gran parte della storia non è vera e che l’eroe è significativamente diverso nella realtà da come è rappresentato nel film. La puzza di QAnon pervade questo film…”


Da notare che leggendo la critica per intero, si scopre che il lungo controllo dei fatti a cui accenna, è una visita alla pagina di wikipedia.


Finora ho accennato soltanto alle critiche cinematografiche, ma è pazzesca la serie di polemiche che si è innescata su questo film che doveva uscire nel 2018 con la 20th Century Fox. Ma poi, dopo che la Disney ha acquistato il colosso della distribuzione, la pellicola è finita stranamente in cantina ad ammuffire e ci sono voluti 5 anni di litigi per fare in modo che i produttori tornassero in possesso
dei diritti per avere così la possibilità di farlo distribuire.


Controllando sulle liste di Amazon Prime, Netflix, Disney Channel, HBO, il film non risulta disponibile per la visione in streaming.
Uno dei produttori, Eduardo Verástegui, ha recentemente rivelato che aziende come Netflix e Amazon lo hanno rifiutato quando si è rivolto a loro per parlare di distribuzione, e alcuni “non hanno nemmeno risposto alle mie telefonate”. 5
Queste aziende però, interpellate per chiarimenti hanno negato di aver rifiutato il film e asseriscono di non aver mai ricevuto offerte in tal senso.


Quando poi è intervenuta la casa di produzione “Angel” di matrice cattolica, con un’interessante operazione di marketing è riuscita a far vedere il film che ha circolato pochissimo per le sale, fino a trasformarlo in uno dei maggiori incassi grazie al passaparola.


In molti articoli poi, si parla anche di Tim Ballard, il vero poliziotto interpretato dall’attore Caviezel, insinuando che non sia un eroe ma che sia stato accusato di condotta sessuale moralmente discutibile per certe frasi ambigue che avrebbe rivolto alle segretarie dell’associazione che ha messo in piedi per salvare i bambini6

Osservando questa gigantesca macchina del fango che si è attivata per un film, mi viene da pensare che un nervo scoperto è stato non solo toccato, ma probabilmente martellato con violenza e ripeto, ciò che più mi colpisce è che si tratta di un film dove si parla di bambini innocenti che vengono abusati; una tematica che dovrebbe mettere daccordo tutti e sopratutto una stampa molto attenta a non esporsi troppo e parandosi sempre e ipocritamente dietro al buonismo, ai diritti, etc. etc. etc.


Ho comunque visionato questa pellicola e posso dire che non la ho trovata noiosa; soltanto profondamente inquietante. Non c’è nessuna sequenza grafica di violenza esplicita. Il regista a mio

avviso è molto abile a non calcare la mano ma a rendere semplicemente evidente che cosa può significare il rapimento di un bambino. Ogni genitore non può non pensare ai suoi figli e anche chi non ne ha, è costretto a riflettere.
Forse non è un film perfetto, ma di certo è un atto doveroso che rompe un tabù e che per quanto faccia male e metta a disagio, va visto almeno una volta.


Approfondendo la storia di questo film mi è venuta una riflessione: forse, una volta tanto, una finestra di Overton è stata aperta per una buona causa… Probabilmente è questo che ha fatto schiumare di rabbia così tanta gente… Non penso siano tutti in malafede, ma di certo sono in tanti a non voler sentire queste storie perché ti costringono a riprenderti la tua responsabilità individuale, e questo fa certamente paura.

  1. https://cinema.everyeye.it/notizie/sound-of-freedom-netflix-disney-amazon-scartarono-film-complottista-jim-cavaziel-661364.html ↩︎
  2. https://www.theguardian.com/film/2023/sep/03/sound-of-freedom-review-manipulative-take-on-a-harrowing-topic ↩︎
  3. https://www.theguardian.com/film/2023/aug/30/sound-of-freedom-review-anti-child-trafficking-thriller-that-plays-to-the-qanon-crowd ↩︎
  4. http://www.lariat.org/AtTheMovies/new/soundfree.html ↩︎
  5. https://www.newsweek.com/sound-freedom-amazon-netflix- conspiracy-1822981 ↩︎
  6. https://www.newsweek.com/tim-ballard-sexual-misconduct-allegations-sound-summer-utah-senate-1828086 ↩︎

Crepuscolo rosso in un mondo grigio

Electra Glide (Electra glide in blue – 1973)

  • genere: Drammatico
  • regia: James William Guercio
  • interpreti: Robert Blake, Billy Green Bush, Mitch Ryan, Jeannine Riley, Elisha Cook Jr
  • produzione: United Artists
  • giudizio: Imperdibile

In due parole

Se amate Bruce Willis e i superpoliziotti eroici dal machismo esasperato, questo film non fa per voi

Recensione

James William Guercio non è un regista (cioè, tecnicamente lo è dopo questo film anche se rappresenta a tutt’oggi l’unica opera da lui realizzata), e di certo è ben più famoso e conosciuto per essere lo storico produttore di uno dei gruppi musicali più eclettici e incisivi che l’america ha prodotto: i “Chicago” (quelli di: If you leave me now il loro pezzo più famoso anche se non di certo il migliore).

Guercio realizzò questo piccolo capolavoro nel 1973, quando aveva soltanto 27 anni e ne produsse anche la colonna sonora affidata ai già noti Chicago. Ciò che colpisce immediatamente del giovane regista è la sua padronanza del mezzo cinematografico; non si notano segni di immaturità registica ma soltanzo la piena consapevolezza del messaggio da trasmettere e del modo in cui farlo. Qualche neocritico da battagtlia potrebbe definirlo “manieristico” per la ricerca della finezza nell’inquadratura del dettaglio o per i “rallenty” presenti nelle poche sequenza d’azione; ma la verità è che la splendida fotografia di Conrad L. Hall è di fatto la narrazione e il messaggio assieme alla storia, i dialoghi e la recitazione.

Si è detto molto di questo film oggi praticamente dimenticato perchè quasi mai riproposto in TV che fu accolto a Cannes da uno strepitoso successo di pubblico e critica anche se non vinse la palma d’oro; aveva molte cose da dire allora e ne ha molte da dire anche oggi, specialmente a una generazione giovane e completamente assuefatta da banalità seriali “horror-ifiche” e “telenovela-tiche” la cui maggior espressione (se vogliamo considerare l’enorme successo al botteghino) è rappresentata da scatoloni vuoti e imbarazzanti come Twilight.

Qualcuno potrebbe dire: “Basta, ne abbiamo piene le scatole di film sulla fine dei sogni, sulla morte delle illusioni, sul beffardo e tragico senso dell’umorismo di questa vita carogna.” Ma ragazzi miei, a saperli fare così i film, a saperle dire così queste cose, senza trasmettere soltanto sterili e cinici imput che ti fanno uscire dal cinema depresso con il dubbio di aver buttato i soldi (caratteristica di molti presunti film “seri” odierni) dato che ci eri entrato per passare due ore lontano dalla quotidianità: ma facendoti invece riflettere, dandoti lubrificante per il cervello, perchè sei un uomo, non un manichino che deve soltanto spendere in cambio di un indottrinamento al pensiero piatto.

Ed ecco che la parabola di vita del poliziotto John Wintergreen a bordo della sua moto “Electra Glide” nelle sterminate e solitarie strade della Monument Valley non racconta soltanto il microcosmo di un uomo ma anche il macrocosmo di una nazione; prevedendone la deriva feroce e autoritaria che avrebbe sconfitto un sogno romantico di libertà.

Un film che mostra l’alienazione attualissima di una società alla deriva; come il collega e miglior amico di Wintergreen, quello Zipper, la cui massima aspirazione di vita consiste nel potersi comperare una Electra Glide in Blue, versione civile della moto che usa tutti i giorni durante gli interminabili turni di servizio.

Ma non vogliamo raccontarvi nulla di questo film, perchè finalmente qualcuno ha deciso di farlo uscire in DVD; e allora fatevi un favore, andate a prenderlo e riscoprite il gusto del cinema “che fa pensare”.

“La solitudine ti ammazza più di una 357 magnum”(John Wintergreen)

“Ti fai una bella vita sulla tua moto: tu fai le tue ore, poi smonti e ti sei guadagnato il pane. Cosa c’è di più semplice?” (Zipper)

Locke (id – 2013)

  • genere: Drammatico
  • regia: Steven Knight
  • interpreti: Tom Hardy, Olivia Colman, Ruth Wilson, Andrew Scott, Tom Holland
  • produzione: IM Global
  • giudizio: Imperdibile

In due parole

Potevamo stupirvi con effetti speciali e colori ultravivaci… Ma noi siamo cinema, non rincoglionimento. Ecco una lezione da sbattere in faccia a tanti… Ma non solo… C’è perfino di più…

Recensione

E’ possibile realizzare un film che regga 89 minuti con un singolo attore e in una singola location (l’abitacolo di un’auto)?

Con una sceneggiatura solida, un attore di talento e un regista non meno bravo si; e finalmente si parla di cinema con le maiuscole.

C’è molta carne al fuoco in questa pellicola ma andiamo con ordine:

Locke è un uomo di successo, ha raggiunto una solida posizione professionale e una soddisfacente vita privata con una famiglia stabile. Alla vigilia della più grande sfida della sua carriera, una telefonata provocherà il crollo di un’intera esistenza. La tragedia di un uomo vissuta in tempo reale nell’arco di una notte in cui il suo universo inizia ad andare in pezzi durante un viaggio.

Il film è letteralmente un “One Man Show”, basato sulla straordinaria performance di Tom Hardy (l’anonimo Bane del terzo Batman di Nolan) che riesce a fornire una prova attoriale che definire magnifica è un eufemismo (il resto del cast sono voci al telefono); l’attore ha il pieno controllo della sua interpretazione, gioca di sottrazione, smorza le reazioni emotive e trasmette con incredibile efficacia tutto ciò che l’universo rappresentato da un essere umano sta subendo su molteplici livelli.

Nonostante le limitazioni pesantissime di movimento e quindi fisicità , la vicenda si svolge interamente alla guida di un’auto attraverso una serie di telefonate al cellulare, non c’è un’inquadratura di Hardy che non regga la scena. La sceneggiatura costruita con grande sapienza, una regia attenta, studiata minuziosamente nelle angolature e l’eccellenza interpretatriva di questo straordinario attore tengono incollati allo schermo per tutta la durata del film.

Tecnicamente, a voler essere pignoli, qualche forzatura c’è: i momenti in cui Locke dialoga allo specchietto retrovisore con la presenza immaginaria del defunto padre, necessari per comprendere il passato e le motivazioni dell’uomo, assumono un registro “teatrale” che può suonare un pò stonato nel contesto degli altri eventi. Ma sono appunto pignolerie, ce ne fossero in abbondanza di film con questi difetti e avremmo risolto il problema di tanto piattume.

Locke quindi è un film che funziona sotto molteplici aspetti: registico, tecnico, narrativo e attoriale; dimostrando che non servono grandi finanziamenti per realizzare un prodotto elitario che vola a quote più alte di molti colleghi anche autorevoli, ma è anche molto più di questo come dicevo in apertura.

Non si tratta di un puro esercizio di stile perchè altrimenti si sarebbe scaduti nel manierismo. Oltre a tutto ciò di cui ho parlato, c’è la volontà di trasmettere un concetto assai profondo che però, almeno a livello razionale, è sfuggito alla maggior parte della critica che pure ha lodato il film limitandosi però agli aspetti da me già citati.

Sto parlando di ciò che emerge e che rimane alla fine di questa storia. Un concetto che appartiene probabilmente della volontà del regista Steven Knight; il quale riesce a trasmettere una profonda lezione morale senza scadere nel moralismo d’accatto, evitando accuratamente le trappole degli stereotipi narrativi e dei predicozzi pedagogici ed esplicativi per il pubblico “semplice”.

Locke infatti, e questa mi sembra la cosa più rilevante che giganteggia su tutto il resto, è un film che parla della necessità, oggi, di recuperare ognuno il senso della responsabilità. Parla della fondamentale importanza di assumersi il peso delle proprie scelte e dei propri errori; di capire le implicazioni delle proprie azioni. In quest’epoca dove la cultura della “delega” ci è stata inoculata fin dalle fondamenta per endovenosa in ogni aspetto della nostra vita compresa la cura dei nostri figli, Locke è un rarissimo esempio di cinema che lancia un messaggio importante perchè non annacquato da ideologie che siano dirette, trasversali o distorte.

Locke è un film etico e morale senza scadere come abbiamo detto nel moralismo, è avvincente come un thriller e non offre risposte facili o ricette pronte per nessuno. Locke è un uomo consapevole del proprio passato che decide di fare la cosa giusta anche se questo significa disintegrare la sua vita. Ma lo fa perchè è consapevole che altrimenti la disintegrazione riguarderebbe la sua anima obbligandolo a vivere in un nuovo universo di menzogne e opportunismo, non meno distruttivo e sicuramente più orrendo di ciò a cui sta andando incontro.

Si tratta di un film che va ripescato e rivalutato anche alla luce di quello che è successo negli ultimi 3 anni.

Questa la realtà che emerge senza spiegazioni didascaliche, il valore aggiunto del film, e scusate se è poco.

11 settembre: professori cercansi

(Articolo originariamente pubblicato su Luogocomune il 16/3/2014)

Nella serata del 14 marzo si è svolta, grazie alla disponibilità e all’interessamento del responsabile del circuito cinema del Comune di Venezia, Roberto Ellero, la proiezione dell’ultima fatica di Massimo Mazzucco: “11 Settembre la nuova Pearl Harbor”

Un grande e sentito ringraziamento lo rivolgo al già citato Roberto Ellero, a Davide Terrin della sala Pasinetti nella quale è stato proiettato il film, a Giancarlo Ghigi del CZ Giudecca e a tutte le persone che mi hanno aiutato in questo evento.

Questa proiezione è stata preparata con largo anticipo e prevedeva la presenza in sala del regista Massimo Mazzucco, del senatore Felice Casson e del giornalista Tom Bosco, che avevano offerto la loro disponibilità a un dibattito per il pubblico che sarebbe certamente stato di grande interesse, visti i notevoli trascorsi del senatore Casson che da magistrato aveva seguito molte inchieste scomode ed è certamente persona preparata su argomenti simili. Sono state inviate inoltre circa 35 mail ad altrettanti giornalisti di vari quotidiani, invitandoli all’evento.

Purtroppo una sequenza impressionante di circostanze avverse ha rischiato di vanificare tutto il lavoro svolto; Mazzucco si è preso una bronchite che lo ha lasciato senza voce e nell’impossibilità di viaggiare, il senatore Casson ha fatto sapere all’ultimo momento che non ce la faceva a rientrare da Roma in tempo, e Tom Bosco è stato impedito da precedenti impegni. Come se non bastasse, nessuno dei 35 giornalisti invitati si è presentato.

Con un certo sconforto, dopo tanto lavoro fatto, mesi a tenere la corrispondenza con la segreteria del Senatore, e con tutte le altre persone coinvolte, mi sono recato alla proiezione nella speranza di vedere almeno due gatti entrare in sala.

La sorpresa, devo dire, è stata piacevole; la partecipazione è stata buona …

… e la sala ha lasciato pochi posti liberi. Dopo una generale delusione che è stata espressa dal publico in modo composto ma sentito, all’annuncio della mancanza dei relatori e del regista, ho introdotto brevemente il film e siamo passati alla proiezione.

3 ore e un quarto non sono certo poche, la quantità impressionante di informazioni esibite nel film spiazzerebbe chiunque, in sala si sentivano spesso dei versi di sorpresa e di disappunto quando venivano rivelate certe informazioni o ascoltate certe dichiarazioni; il pubblico era molto attento.

Alla fine un applauso e la gente che inizia ad uscire. Sto per avviarmi anch’io verso l’uscita ma vengo fermato da un tizio che stava seduto dietro di me e che aveva preso appunti in diversi momenti facendomi inizialmente pensare che fosse l’unico giornalista presente.

“Non avete dei DVD con la versione da 5 ore?” Chiede… “No”, rispondo, “Avrebbe dovuto portarli il regista…”

Intanto mi si avvicina: “Posso farle una domanda?”

“Certamente”

“I miei complimenti per il film, ne ho visti parecchi su questo argomento, anzi credo di averli visti tutti, da Loose Change a Zero, ma un film che raccogliesse tutti questi fatti presentandoli a questo modo non lo avevo mai visto… Non conoscevo ad esempio la storia dell’amianto sulle torri gemelle, ma c’è qualche rete televisiva che ha acquistato il film? Sarà possibile vederlo anche in altri circuiti?”

Prima che potessi rispondere, arriva una voce da fondo sala: “Scusate, potreste far sentire anche a noi?”

Era un gruppo di persone che non era uscito e aveva evidentemente tutta una serie di domande.

La cosa che mi ha colpito è che tutti gli interlocutori erano persone molto preparate su varie tematiche anche di politica internazionale; individui informati, e con uno spiccato spirito critico e decisamente una vasta cultura. Scoprirò poco dopo che uno di essi è un professore di filosofia all’università.

In breve si è creato un dibattito spontaneo tra queste persone e sono emerse tutta una serie di considerazioni molto interessanti.

Un senso di impotenza è emerso verso quei sistemi di potere che di fatto possono far accadere eventi come l’11 settembre o manipolare tutte le rivoluzioni colorate o le primavere arabe; argomenti che sono stati introdotti e di cui si è discusso.

Ma anche un appello sentito che è venuto da tutti i presenti: “Bisognerebbe trovare dei professori aperti e disponibili cui proporre proiezioni di questo tipo nelle scuole per far crescere il dibattito e la consapevolezza.”

Una considerazione interessante che è stata proposta riguardava proprio internet. E’ stato suggerito che possa rappresentare l’ultimo stadio, la fine di tutto, della presenza e dell’attivismo, della socializzazione tra le persone, L’ultima frontiera in termini di controllo e manipolazione, è stato citato Orwell: “Lo ha letto?” chiede un professore… “Certamente” rispondo, e i modi pacati e colti in cui argomentava le sue considerazioni mi hanno imposto una seria riflessione.

Alla fine, esco con una sensazione piacevole nel cuore: è vero, c’è tanta indifferenza, mancavano i giovani, viviamo in tempi bui, ma ci sono ancora persone che sanno vivere civilmente, dialogare in modo normale e non a parolacce come ci ha insegnato la tv; persone che sanno argomentare, che hanno uno spirito critico, che sono collaborative, che capiscono l’importanza di una stretta di mano e di uno scambio umano…

Alla fine, non è andata poi così male.

Music Band

Are You Deficientes?

  • titolo: Salt (id 2010)
  • genere: Azione/Thriller
  • regia: Phillip Noyce
  • interpreti: Angelina Jolie, Liev Schreiber, Chiwetel Ejiofor, Daniel Olbrychski
  • produzione: Columbia Pictures
  • giudizio: Esilarante involontario

In due parole

E’ un film quello che sto vedendo o qualcuno ha vomitato sullo schermo? (Antica espressione cinematografica)

Recensione

Hollywood, Columbia Pictures 2010…

“Pronto? Qui gli studi della Columbia!”

“Qui è il Pentagono, abbiamo velocemente bisogno di un blockbuster che riporti le atmosfere della guerra fredda, faccia credere che i Russi hanno ricominciato a mangiare i bambini e sia pieno di gnocca a stelle e striscie.”

“Siete fuori tempo massimo, Reagan è imbalsamato, i russi sono nostri amici e non attaccheranno l’Ukraina che tra 12 anni, ci manca il movente”

“Avete i migliori paracul… Ehmm… Sceneggiatori sulla piazza e noi dobbiamo portarci avanti con il lavoro e abituare la gente a odiare di nuovo i Russi; vogliamo una produzione di alto livello, paghiamo noi.”

“E’ un eufemismo?”

“No, nessun effeminato nudista, perchè?”

“No dicevo, paga il popolo, voi che soldi avete? Mica siete commercianti”

“Siamo finanziati dal governo…”

“Appunto…”

“Faccia meno lo spiritoso e si dia da fare…”

Hollywood, Columbia Pictures 20 minuti dopo…

“…Non me ne frega niente se la tua segretaria studia la parte di Monica Lewinsky sotto alla tua nuova scrivania, quale regista abbiamo sotto contratto che conosca il mestiere ma sia anonimo quanto una scoreggia in un centro commerciale affollato?”

“…Mmmhh… C’è Phillip Noyce, è bravo e non se lo ricorda mai nessuno… Deve essere un morto di figa e fa tutto quello che gli chiedi…”

“Assumilo! Ci serve anche uno sceneggiatore compiacente…”

“Beh… C’è un giovane tedesco, Kurt Wimmer, molto volenteroso… Un altro mezzo sfigato disposto a scrivere qualsiasi boiata gli venga suggerita”

“Ottimo, i tedeschi poi odiano i russi di default… Adesso ci serve un forte richiamo per il pubblico”

“Direi Angelina Jolie, è gnocca, non si è ancora rifatta le tette e ha sempre la stessa espressione da cubetto di ghiaccio andato a male che la rende adatta a interpretare la spia russa.”

“Abbiamo il film… Procedi!”

“… Soltanto un momento… La segretaria sta ultimando le pratich…. eaiouuuaaaei…”

“Questa è meglio se non la metti nel film, adesso muoviti che abbiamo i finanziamenti dei militari”

“E’ un eufemismo?”

“Ovvio che si”

La storia di questo film fa pensare che Kurt Wimmer, sceneggiatore non proprio indimenticabile con velleità da regista presto stroncate (l’interessante Equilibrium -2002- e l’orrido Ultravioet -2006-), si sia documentato sul Papersera o sull’eco di Topolinia. Scopriamo infatti, fin da subito, che i Russi sono tornati ad essere i cattivi per eccellenza ma non basta, i loro agenti segreti sono sadici, si divertono a veder soffrire il prossimo e assomigliano tutti a barboni appena scesi da una nave Albanese di disperati. Esibiscono un repertorio di barbe incolte e facce con stampato in fronte: “Sono un pericoloso serial killer dal doppio cromosoma Y). Immagino si tratti di una sottile e incomprensibile strategia per passare inosservati dato che dovrebbero fregiarsi del titolo di “agenti sotto copertura”. Forse l’aspetto da uomo comune è un clichè troppo abusato o sarà il pubblico rincoglionito del 2010 che altrimenti faticherebbe a riconoscere i cattivi? Ma anche gli Americani non si impegnano troppo per risultare invisibili, non ce la fanno a restare “segreti” per vocazione; sono infatti perfettamente rasati, vestono da Armani e hanno facce da ragazzo copertina della rivista Men. Sono in missione per conto di Dio e talmente ingenui da risultare stupidi davanti alle spietate macchine da guerra sovietiche. Ci vuole quindi qualcuno che sappia come combattere i Russi spietati.

E’ a questo punto che entra in scena la protagonista; Angelina Jolie è infatti un’agente segreto della cia da molti anni, uno dei migliori. Ma udite udite, quello che i suoi colleghi non sanno (gli angeli stupidotti vestiti da Armani), e che scopriremo durante il film, è che si tratta in realtà di una spia russa infiltrata; un’agente dormiente addestrata fin dalla nascita. Flashback: un siparietto ci mostra come il cubetto di ghiaccio andato a male sia stata rapita fin da bambina e addestrata dai cattivi Russi con un programma di controllo mentale che l’ha trasformata in un’arma letale pronta ad entrare in azione in qualsiasi momento. Il film procede tra: Blam! Pow! Crash! Sock! “Ti spiezzo in due…” fino al colpo di scena suggerito direttamente da Walt Disney durante una seduta spiritica a Hollywood: Si scopre infatti che la macchina letale in grado di abbattere uomini addestrati come birilli è diventata buona; è dei nostri ora. Milioni di rubli e un efficente programma di controllo mentale sono andati in fumo perchè durante gli anni della sua vita da infiltrata, la bella spia si è innamorata di un entomologo tedesco; una faccia da pane comune, meno espressivo di un platano, che dopo averci regalato il vuoto cosmico della sua prova attoriale con due inquadrature da 5 secondi ciascuna, viene tolto di mezzo dai cattivoni russi. L’unico scopo di questo personaggio fantasma sembra essere quello di giustificare il fatto che la nostra Mata Hari ha una tarantola che gira per casa e che manco a dirlo servirà a sventare il piano dei colleghi cattivoni grazie al suo veleno. Resta il fatto che è stata sufficiente una scopata e due pranzi da MacDonald per trasformare una macchina programmata a distruggere l’America in una ragazza casa, chiesa e famiglia che vuole soltanto vivere il suo sogno americano.

Ovviamente gli Americani rimangono sinceramente sbalorditi quando scoprono la vera identità della nostra eroina; loro infatti, da perfetti boy scout, non sanno nulla di programmi di controllo mentale, i buoni queste cose non le fanno.

E se pensate che abbiamo già raggiunto il culmine del ridicolo, il nostro Kurt Wimmer, nel suo delirante desiderio di compiacere gli studios meglio di qualsiasi aspirante Lewinsky, partorisce alcune ciliegine da primato:

Ciliegina sulla torta N.1:

Con estrema nonchalance, all’inizio del film ci viene raccontato come Lee Harvey Oswald (si proprio lui, avete capito bene) era in realtà una spia sovietica addestrata anch’essa con programmi di controllo mentale e così efficente che di fatto ha ammazzato il presidente Kennedy tutto da solo. (Questa vale tutto il film)

Ciliegina sulla torta N.2:

I russi, per distruggere gli Stati Uniti hanno la brillante idea di attaccare l’Iran con un paio di bombe atomiche, provocare qualche milionata di morti, e far ricadere la colpa sugli americani (E’ noto che l’America ama alla follia l’Iran e mai se la prenderebbe con questo stato) che in questo modo si troveranno attaccati da una miliardata di mussulmani inferociti. Viene il sospetto che Kurt Wimmer nel suo prodigarsi fedelmente, abbia fatto un mezzo casino con i ruoli.

Alla fine delle risate però un sospetto si insinua sotto forma di un pensiero inquietante: Non sarà che i responabili di questi film, sanno che per quanto imbecilli scaveranno un solco nel cervello della gente che con gli anni diventerà una convinzione, un’idea, un’opinione?

In fondo, c’è gente ancora convinta che i cowboy erano i buoni e si vestivano con i lustrini mentre gli indiani erano selvaggi, violenti , stupratori e cattivi. Ed erano capitati in america per distruggere i sogni di libertà dei coloni bianchi.

E soltanto 10 anni dopo, vedremo gli eredi di questo cinema girare per strada con delle mutande in faccia per sconfiggere un pericoloso virus…

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